lunedì 21 febbraio 2011

Non è un paese per single.

La vita non è uno spot - 2


Marzo 1999.
Ero a Valencia in Erasmus, quando per la prima volta ho sentito una splendida donna che dalla TV diceva :

" PORQUE YO LO VALGO".

Bella frase, peccato che fosse solo la versione iberica dello spot di un noto shampoo.



Ma quanto valiamo noi donne oggi in Italia? Meglio, quanto vale UNA donna ?
Se  ultratrentenne, laureata, precaria ( o simili ) e per giunta single: non vale niente.
O almeno questa è l'opinione dominante, veicolata, ahimè, anche da tante nostre simili.

Cominciamo però dall'inizio. Ad Ottobre vado a pranzo con un mio amico, nonchè ex, per cui ho lavorato qualche giorno. Durante una piacevolissima conversazione lui, sposato, dice a tradimento:  -Ma tu quando te lo trovi un marito?- Io di rimando credo di avergli risposto qualcosa del tipo: -Perchè, mi vedi così disperata ?-E l'argomento fortunatamente è stato accantonato.

Qualche settimana dopo mia madre, con la finta ingenuità che solo le mamme sanno usare, butta là un commento del tipo : -Mi raccomando vestiti bene quando vai in Facoltà così magari conosci qualche ragazzo interessante.- Io a lei, ovviamente, non ho risposto, ma con le amiche mi sono fatta due risate chiedendomi se fosse scoppiata una qualche epidemia. O forse era un nuovo gioco:  il PPPP. Piazza Paola al Primo che Passa.

Sono passati alcuni mesi, in cui peraltro qualche collega più giovane mi ha attribuito un marito inesistente ed è stato adeguatamente redarguito, e cosa mi succede venerdì scorso?
Una donna, che stimo molto, mentre sorrido di una sua battuta a sfondo familiare mi dice :
- Ma cosa hai tu da ridere che non hai nemmeno trovato un marito da sposarti fino ad ora?-

Da quel momento mi sono obbiettivamente innervosita. Ma è possibile che la legittimazione di una persona, pardon di una donna, all'interno di questa società passi ancora attraverso il matrimonio o, in assenza di questo, attraverso l'esistenza di un compagno stabile? Sono convinta che in due si stia meglio, ma deve essere una mia scelta, non un obbligo. Avrò pure una formazione umanistica ma la somma di 2 persone, 1 + 1, è 2 non 3. Non stiamo parlando di un di un team di lavoro in cui la collaborazione di più identità diventa un plusvalore che travalica la somma delle singole professionalità : stiamo parlando della mia vita privata. Mia come di tante altre. Perchè non mi sento nè mosca bianca nè pecora nera.

E' assurdo ma i commenti di tutte queste persone che fino a prova contraria o mi stimano o mi vogliono bene ricordavano tremendamente la celebre risposta del Signor B. alla precaria che gli chiedeva un lavoro : - Signorina si trovi un buon partito e si faccia sposare!

Ergo, se questa fosse una favola, la morale sarebbe :

se sei donna e, come aggravante, hai oltre trentanni qualunque lavoro tu faccia, o non faccia, invece di rompere le scatole trovati un marito. ( qualunque)

Eccovi servita quindi una discriminazione forse più subdola dello sfruttamento sessuale delle donne e della mercificazione del loro corpo. Più subdola perché percorre la nostra società in modo ancora più profondo e trasversale. Tanto profondo da risiedere tra i metri di giudizio delle donne stesse, anche di molte che non sono certo delle sprovvedute e che dell'emancipazione dovrebbero, perchè qualche dubbio mi viene, aver fatto la loro bandiera.

Quante volte devo essere giudicata indipendentemente dal mio "essere"

Una perchè sono donna, un'altra perchè ho un titolo universitario che non rientra fra quelli "produttivi" e una terza perchè sono single?

Altro che pari opportunità,  tutto questo assomiglia ad un sistema di caste.

Io non so se valgo, in senso assoluto, ma so per certo che il mio valore
passa per la mia persona e non per il mio stato civile.


( e credetemi...non penso di aver esagerato )

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